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La storia dello scultore cipriota che s'innamora della propria opera è la prima grande storia di simulacri della cultura occidentale. Oggi, dopo Nietzsche e Freud, nessuno può più mettere in dubbio che le immagini fabbricate dall'uomo siano ricettacoli di potere, dispositivi del desiderio, e che sia la creazione di immagini sia la loro contemplazione obbedisca a pulsioni molto potenti, tra cui quelle erotiche. Il primo capitolo analizza la peculiarità letteraria del mito di Pigmalione nelle Metamorfosi di Ovidio; il secondo ne segue lo sviluppo iconografico nell'età medievale, dominata dalle credenze sulle virtù animatrici dell'arte e della musica. Chiude il saggio un capitolo sul cinema e sul suo aspetto "stregonesco" di imitazione del reale.